Gaiola: perché si è arrivati (addirittura) al ricorso al TAR

Importanti novità a Napoli dove un nutrito gruppo di cittadini si sta muovendo al fine di ottenere l’annullamento di un’area marina protetta. Tutto questo nasce dopo mesi e mesi di stanchezza ed esasperazione di molti cittadini partenopei che non tollerano più di vedere il loro lungo lungomare occupato soltanto da lidi privati e non accessibili a tutte le tasche.

Aspetto molto molto importante da tenere in considerazione, in quella che viene definita battaglia per liberare il mare, è il fatto che la Gaiola non viene considerata una semplice spiaggia, ma si tratta di un luogo che gode della tutela del Ministero dell’Ambiente, in quanto sito archeologico.

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Gaiola, perché si è arrivati al TAR

Come si stava accennando precedentemente, risulta esserci particolare malcontento da parte dei cittadini che sono esasperati dalla condizione del lungomare partenopeo. Scagliarsi contro la Gaiola non è semplice, in quanto si è al cospetto di un sito archeologico riconosciuto e tutelato dal ministero.

Attualmente, infatti, per quanto riguarda l’aspetto della balneazione è possibile affermare che sia gestito e sostenuto da diversi utenti. Non è dello stesso parere il Coordinamento Nazionale Mare Libero (che ha la sua sede a Roma): mediante l’ausilio di avvocati è stato presentato un ricorso al Tar.

Un ricorso articolato in nove punti dove viene richiesto l’annullamento del decreto interministeriale risalente al 7 agosto 2002 di istituzione del parco sommerso di Gaiola. inoltre viene richiesta anche la soppressione delle disciplinare delle attività del parco e in ultimo la soppressione dell’accordo di collaborazione al fine di favorire la fruizione sostenibile dell’area.

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Il documento, di cui si accennava precedentemente, ostacola quelle che sono delle delibere approvate nel corso degli anni e che hanno dato dato nuovamente lustro alla Gaiola. Le condizioni in cui imperversava nel passato vedevano un profondo stato di disagio, oltre alla scarsa sicurezza data da rave abusivi in spiaggia e dalla criminalità.

Attualmente si tratta di un sito aperto al pubblico, nonché un centro di ricerca: si è provveduto con gli anni a fare in modo che fosse tutelato l’aspetto dei fondali marini e soprattutto fosse combattuto il problema relativo alla pesca abusiva.

Uno dei motivi che ha spinto al ricorso riguarda l’accesso contingentato iniziato durante il periodo del COVID e prolungato anche per le estati successive: il tutto volto alla sicurezza del posto. Ad oggi possono accedere 500 persone al giorno, rispettando la prenotazione online e l’ingresso su due turni.

Da tenere in considerazione il fatto che sono state molteplici le risposte positive, come ad esempio incidenti azzerati e una produzione di rifiuti pari a zero. Il caso Gaiola continua ad essere ancora aperto e sarebbe davvero un peccato vanificare quanto portato a casa in questi anni.