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A Napoli c’è questa “maschera” che in pochi conoscono: una figura storica della città

Napoli è famosa per la sua storia e per le sue abitudini, ma a caratterizzarla è anche la fantasia dei suoi abitanti. La facoltà della mente umana di creare immagini, di ricondursi a cose verosimili e all’abilità di smorzare la malinconia con un pizzico di ironia.

“L’arte di arrangiarsi”, un po’ come un motto che cresce e accompagna generazioni e generazioni di napoletani, per dare uno split e un po’ di coraggio anche a chi deve partire dal basso. E proprio perché a Napoli non ci si arrende mai, che dalle difficoltà nascono anche i mestieri più stravaganti come ‘o pazzariello.

‘O pazzariello a Napoli: ecco di chi si tratta

Dagli artisti di strada ai buoni venditori nasce uno dei mestieri più antichi a Napoli, ovvero il cosiddetto “pazzariello”. Dalla fine del Settecento e fino alla prima metà del Novecento, che questa nuova vena artistica si diffonde in tutta la città partenopea.

Anche quando il lavoro tarda ad arrivare, per le persone napoletane non c’è nessun problema a creare un nuovo mestiere più che a trovarlo. Serve solo un po’ di fantasia per mettere giù una nuova figura professionale. Stavolta parliamo di un personaggio eccentrico e abile ad attirare compratori.

Un artista di strada bizzarro e burlone che chiacchierava i passanti, i quali si fermano per i suoi spettacolini e filastrocche, nella speranza di attirare più gente possibile e reindirizzarli nel negozio o sulla sua bancarella del commerciante che lo aveva ingaggiato.

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Da Totò a il Vico Pazzariello

Per quanto possa essere assurda e intrigante la fantasia napoletana, l’occupazione del “pazzariello” ha colpito molte persone tanto che è difficile dimenticarsi di questa figura artistica.

Infatti, era doveroso dedicargli anche un vialetto ovvero il Vico pazzariello, proprio per non tralasciare la fantastica storia di questo personaggio e la sua vena artistica.

Ma oltre il nome di un vialetto, basta semplicemente citare un film del noto Antonio De Curtis, in arte Totò, il quale lo ha menzionato anche in uno dei suoi capolavori. Parliamo di “L’oro di Napoli”, ideato da da Vittorio De Sica nel 1954, è tratto dall’omonimo libro del grande scrittore Marotta.

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Il personaggio impugnava una specie di scettro e del pane o pasta che occorreva vendere incentivando le persone di passaggio, d’altronde il suo posto era al di fuori di una bottega che lo ingaggiava appositamente e il suo compito era quello di accattivare. Basta poco che a Napoli da un esigenza si crea una vera e propria arte, tipica dell’indole degli abitanti di questa città.