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Chi è Vincenzo Di Lauro, “l’ultimo reggente” del clan di Secondigliano

Scritto da:
Sara Madonna

Dall’estorsione agli affari, è questo il cambiamento radicale che ha portato Vincenzo Di Lauro nel suo clan. Emerge anche lui tra i 27 nomi destinatari delle ordinanze di custodia cautelari, stipulati questa mattina dalla Procura di Napoli.

Dove ancora una volta si cerca di mettere fine al clan Di Lauro di Secondigliano, anche se sta volta si dovrà fare i conti con una trasformazione totale avvenuta all’interno dell’organizzazione.

Clan Di Lauro di Secondigliano, cosa è cambiato?

Stavolta Vincenzo Di Lauro, classe 1975 e secondogenito di Paolo, ha deciso di dare un nuovo volto al suo clan. Come si legge nell’ordinanza, “…ha scelto la strada della discontinuità nelle scelte criminali del clan. Lo considera come un’azienda di famiglia e i metodi camorristici sono solo un mezzo per raggiungere finalità, che sono essenzialmente economiche, e non per lo scopo affermare il controllo del territorio”.

Vincenzo, soprannominato F2, è secondo gli inquirenti al capo del clan dal 2015, dal momento della sua scarcerazione. Si tratta, secondo i pm, di una nuova figura più articolata che avrebbe abbandonato l’idea di cospargere sangue per intraprendere la via degli affari.

Dalla ricostruzione emersa, si puntualizza: “Di Lauro Vincenzo ha ‘modernizzato’ una consorteria già tristemente famosa per le sanguinose faide scatenate nel primo decennio del secolo. Ha infatti evitato il ricorso, ove possibile, a mezzi esplicitamente violenti, che ha in sostanza subappaltato a consorterie più navigate”, dove ad assumere il ruolo della violenza, secondo gli inquirenti, erano i Vinella Grassi, i quali rapporti si sarebbero ripristinati dal 2011.

Clan Di Secondigliano, quali erano gli affari?

L’innovazione di Vincenzo Di Lauro ha portato squilibri nell’organizzazione, la quale non era condivisa dai fratelli Marco e Salvatore, il cui primo era attivo nel settore degli stupefacenti.

Ma stando a quanto emerge, gli affari intrapresi riguardavano il contrabbando di sigarette. Lo stesso commercio nel quale sarebbero coinvolti anche Tony Colombo e Tina Rispoli, con un rispettivo finanziamento complessivo di circa 500 mila euro per l’allestimento di un opificio.

Il secondo settore, però, dove Vincenzo era più affascinato, sono le aste giudiziarie sulle quali si legge: “Ecco dunque che Di Lauro, Vinella Grassi e Licciardi, la terza grande compagine dell’area nord, si spartiscono gli affari delle aste giudiziarie. Ma la vera vocazione ‘imprenditoriale’ di Vincenzo si coglie nel momento in cui si svela il reticolo delle società che sono riferibili a lui e che vengono gestite da prestanome”.

Si tratta di una vera e propria svolta organizzativa, alla quale gli inquirenti cercano di andare al più affondo possibile per mettere la parola fine una volta e per tutte sulla vicenda del clan Di Lauro.

Scritto da:
Sara Madonna