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Il malocchio nasce a Napoli: cosa raccontava la tradizione

Le radici delle suggestive superstizioni partenopee affondano nei trascorsi di miserie e sventure che colpirono Napoli nel 1872. La superstizione, secondo Cicerone, consisteva nell’ausilio di preghiere, voti e sacrifici rivolti alle divinità per salvarsi.

Nel contesto napoletano, una delle credenze più radicate è il malocchio, una tradizione che ha origine intorno al XVIII secolo. Il malocchio è la capacità di procurare danni volontari o involontari a persone o cose attraverso un’energia negativa.

Gli amuleti, come il ferro di cavallo, il gobbetto, la corona d’aglio e soprattutto il corno, iniziarono a diffondersi come mezzi di difesa contro questa influenza negativa. Il corno, in particolare, deve essere fatto a mano, duro, vuoto, ricurvo e a punta per essere considerato efficace secondo la tradizione.

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Origine e tradizioni del malocchio napoletano

Questa superstizione si intreccia anche con la smorfia e il gioco del lotto, dove i numeri sono collegati a eventi straordinari o sogni avuti la notte precedente. La jettatura, o malocchio, ha radici profonde nella cultura napoletana e si lega a credenze sorte presso la corte di re Ferdinando IV alla fine del ‘700, quando l’archeologo Andrea De Jorio, noto anche come temibile jettatore, fece visita al sovrano.

Il re morì il giorno successivo, alimentando la credenza nella jella tra il popolo napoletano. Il malocchio, in sé, rappresenta la capacità dello sguardo umano di procurare danni e mali intenzionalmente alla persona osservata.

Questi danni possono variare da mal di testa, vomito, nausea, depressione a problemi nella sfera sentimentale ed economica. Cadere vittima del malocchio è considerato un grave inconveniente secondo la tradizione popolare.

Per confermare di essere vittima del malocchio, esistono credenze secondo cui alcune donne anziane, tramandando una facoltà di generazione in generazione, sono in grado di scoprire e eliminare questa influenza negativa attraverso il rito dell’olio.

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Tuttavia, la tradizione vuole che nel momento in cui la santona trasmette questa capacità, perda il potere di effettuare il rito, un passaggio che solitamente avviene quando ritiene che la fine dei propri giorni si stia avvicinando.

Le superstizioni napoletane si intrecciano così con la vita quotidiana, mantenendo viva una tradizione che affonda le sue radici nella storia della città.