Storia e Tradizione

’O schiattamuorto, perché si dice così a Napoli: come nasce il termine

Scritto da:
Marco Carlino

Napoli è nota non solo per i suoi straordinari panorami e la ricca storia, ma anche per il suo linguaggio colorito, ricco di detti e modi di dire che raccontano secoli di tradizione popolare.

Tra i termini più singolari e curiosi, spicca “‘O schiattamuorto“, un’espressione che evoca immagini inquietanti e misteriose.

Le radici di questo termine napoletano affondano nel passato, in pratiche che risalgono almeno al Seicento.

Nonostante il passare del tempo, questo termine non è caduto in disuso a Napoli. Molti preferiscono ancora utilizzarlo, testimoniando così la persistenza di una lingua e di tradizioni radicate nel tessuto sociale della città.

Persino Totò, con la sua inconfondibile ironia, gli ha dedicato una poesia, dimostrando quanto questa figura abbia permeato la cultura popolare partenopea.

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“‘O schiattamuorto”, il vero significato: cosa indicava in passato

L’epiteto “‘O schiattamuorto” è stato utilizzato per identificare il becchino, il beccamorto, il necroforo, figure che nel corso dei secoli hanno svolto il compito delicato di preparare i defunti per la sepoltura. Ma da dove trae origine questo termine così truculento?

L‘obiettivo era quello di ridurre la massa corporea dei defunti per consentire a più salme di trovare posto in una bara.

Per fare ciò, si ricorreva a un ambiente dotato di sedili in muratura, noti come scolatoi, su cui venivano disposti i corpi.

I liquidi rilasciati dal corpo durante il processo di decomposizione venivano indirizzati attraverso i fori degli scolatoi e raccolti in vasi d’argilla. Le salme, dopo essere state essiccate, trovavano la loro collocazione definitiva negli ossari.

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Le tracce di queste antiche strutture sono ancora visibili nel Cimitero delle Fontanelle, nel convento delle Clarisse ad Ischia, così come in numerosi altri conventi e chiese della città partenopea.

“‘O schiattamuorto” non godeva di grande simpatia tra gli abitanti di Napoli, che attribuivano a questa figura una sorta di malasorte, facendo scorrere tutti gli scongiuri possibili al suo passaggio.

Scritto da:
Marco Carlino