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Scavi di Pompei, nuova scoperta: emerge un “panificio prigione”. A cosa serviva

La ricchezza storica e architettonica di Napoli è un tesoro intriso di cultura millenaria che si estende ben oltre i confini della città stessa. Uno dei gioielli più significativi è l’antica città di Pompei, situata alle pendici del Vesuvio.

Pompei, sepolta sotto le ceneri nel 79 d.C. durante l’eruzione vulcanica, è emersa dal passato come una sorta di macchina del tempo che ci offre uno sguardo dettagliato nella vita quotidiana dell’antica Roma. Il sito archeologico di Pompei, in continua evoluzione, continua a rivelare nuovi aspetti della storia ogni giorno.

Gli scavi hanno portato alla luce affreschi straordinari, complessi sistemi di acquedotti, strade lastricate e dettagli architettonici unici. Questi reperti permettono agli studiosi di approfondire la comprensione della società romana, dalle abitudini quotidiane agli aspetti più complessi della vita politica e sociale.

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Ritrovato un panificio prigione nel cuore di Pompei

Napoli stessa è una culla di storia e cultura, con il suo centro storico, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. In questo contesto, Pompei si erge come un ambasciatore del passato, costantemente impegnato a svelare dettagli preziosi della nostra storia.

Nel cuore dell’antica Pompei, più precisamente nella Regio IX, insula 10, gli archeologi stanno rivelando una storia oscura e sconcertante. Nel contesto di un vasto progetto di messa in sicurezza e manutenzione, un panificio-prigione è emerso, svelando le crudeli pratiche di sfruttamento che caratterizzavano la vita quotidiana nella città sepolta.

Questo luogo intricato, suddiviso in una zona residenziale con affreschi raffinati e un settore produttivo dedicato alla panificazione, nasconde una verità disturbante. Qui, persone ridotte in schiavitù e asini erano imprigionati e costretti a lavorare incessantemente per macinare il grano destinato alla produzione del pane.

L’ambiente angusto, privo di affacci esterni, con piccole finestre chiuse da grate di ferro, racconta una storia di crudeltà e privazione. Il pavimento stesso, intagliato per coordinare il movimento degli asini, testimonia l’estrema brutalità inflitta agli animali, obbligati a girare per ore con occhi bendati.

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Questo lato oscuro della schiavitù antica, privo di qualsiasi segno di fiducia o promessa di libertà, emerge con forza dalla struttura chiusa e oppressiva. La casa, in corso di ristrutturazione, rivela la presenza di tre vittime, dimostrando che, nonostante i lavori in corso, la dimora era tutt’altro che disabitata.

Questo reperto è un capitolo rivelatore nella storia di Pompei, sottolineando gli aspetti più cruenti e brutali della schiavitù antica, resi ancor più evidenti dalla freddezza e dall’efficienza con cui l’intera stanza era stata disegnata.